La sfera della discordia

New York, 15 novembre 2017, Christie’s mette all’asta il Salvator Mundi, l’ultima opera attribuita a Leonardo da Vinci, l’unica a essere mai appartenuta a un privato: il prezzo di vendita sbaraglia ogni record precedente, oltre 450 milioni di dollari.

La notizia della vendita ebbe un’eco planetaria e la stampa si attivò subito per scoprire chi fosse il facoltoso aggiudicatario del dipinto (olio su tavola 66 x 46 cm): le indiscrezioni portavano a  un ricco principe Saudita; dopo qualche settimana il  Presidente del Dipartimento Cultura e Turismo degli Emirati Arabi annunciò l’acquisto dell’opera, dichiarando: “Il Salvator Mundi evidenzia la natura inclusiva del Louvre Abu Dhabi e la missione di Abu Dhabi di farsi promotore di un messaggio di tolleranza e apertura. I visitatori avranno un’opportunità unica per farsi coinvolgere da un’opera rara e iconica, dal grande significato culturale. Dopo essere rimasto per così tanto tempo in mani private, il capolavoro di Leonardo Da Vinci è ora il nostro regalo per il mondo. Appartiene a tutti noi, e tutti noi avremo l’opportunità di testimoniare la maestria di uno degli artisti più significativi della storia.”

Il dipinto sarebbe dovuto essere collocato al Louvre di Abu Dhabi dal settembre 2018, con l’accordo di concedere l’opera in prestito al Louvre di Parigi in occasione della grande mostra allestita per l’anniversario dei 500 anni dalla morte di Leonardo, la cui inaugurazione è prevista per il prossimo settembre.

L'immagine rappresenta il Louvre Abu Dhabi

Il Louvre Abu Dhabi

I mesi sono trascorsi senza che il Salvator Mundi sia mai stato esposto al pubblico: il mistero si è infittito quando alla fine di marzo il New York Times ha dato la notizia dell’irreperibilità del capolavoro Leonardesco. Secondo fonti non ufficiali i francesi, che attendevano l’opera a breve, non hanno contezza di dove si trovi e se mai potrà essere adempiuto l’impegno del prestito in vista dell’imminente tributo al genio fiorentino; neppure le fonti ufficiose del museo arabo sarebbero a conoscenza di dove il quadro sia finito.

Alcune indiscrezioni non confermate raccontano che l’opera potrebbe trovarsi in Svizzera, per ulteriori accertamenti circa l’autenticità: l’attribuzione del Salvator Mundi a Leonardo è stata particolarmente travagliata e non tutti gli studiosi concordano con questa decisione, rappresentando ragioni diverse a sostegno delle varie tesi.

Lo scrittore americano Walter Isaacson (già autore della biografia di Steve Jobs) di recente ha pubblicato un libro “Leonardo da Vinci: the Biography”, nel quale si sollevano dubbi circa la paternità dell’opera; in particolare, si evidenzia come il dipinto presenti un errore a dir poco “grossolano”, che il genio fiorentino mai avrebbe commesso: secondo l’autore, la sfera tenuta da Cristo sulla mano sinistra è tecnicamente perfetta, ma non lo è ciò che si vede in trasparenza, in quanto i panneggi e il braccio non sarebbero deformati come invece dovrebbero essere a causa dell’illusione ottica provocata dalla forma sferica.

L'immagine rappresenta la sfera tenuta in mano dal Salvator Mundi

Dettagli Salvator Mundi, la sfera

Anche lo studioso Frank Zöllner ha sollevato dubbi circa la paternità del quadro, affermando: «I toni carnali della mano benedicente appaiono pallidi e si colorano come in molti dipinti di bottega. Anche i riccioli di Cristo sembrano troppo schematici nell’esecuzione»; dello stesso avviso Matthew Landrus, ricercatore presso il Wolfson College di Oxford, famoso studioso di Leonardo, secondo il quale l’opera sarebbe il frutto della mano di Bernardino Luini viste le numerose somiglianze stilistiche con altri lavori di questo artista rinascimentale.

L'immagine rappresenta il Salvator Mundi dipinto da Bernardino Luini

Salvator Mundi di Bernardino Luini

Ma cosa accade in caso di vendita di un’opera d’arte non autentica? Tralasciando quelle che possono essere le varie condizioni contrattuali dell’aggiudicazione in asta del Salvator Mundi, in linea generale la giurisprudenza italiana si è espressa di recente, affermando che la cessione di un’opera d’arte falsamente attribuita a un artista che in realtà non ne è stato l’autore costituisce un’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” che legittima l’acquirente a chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, con conseguente restituzione del prezzo ed eventuale risarcimento del danno.

La vendita “aliud pro alio” ricorre quando all’acquirente sia consegnato un bene completamente diverso dal quello pattuito: questo avviene nell’ipotesi in cui  la cosa appartenga a un genere totalmente diverso da quello concordato, ma anche quando il bene sia privo delle particolari qualità necessarie, affinché possa assolvere la sua funzione economico-sociale, intesa come quella funzione che le parti abbiano assunto come essenziale. L’attribuzione di un’opera d’arte a un determinato artista è certamente una qualità essenziale e necessaria del bene, alla quale sono associati rilevanti, se non determinanti, risvolti sotto il profilo del valore commerciale.

Il caso del Salvator Mundi è certamente particolare rispetto alle norme generali ma, quand’anche la diatriba sulla paternità sia ben lungi dall’essere risolta, rimane un capolavoro appartenente all’umanità che attende di poter ammirare ancora una volta i livelli di eccellenza e perfezione raggiunti nel Rinascimento.

L'immagine rappresenta l'autoritratto di Leonardo

Autoritratto di Leonardo da Vinci

Per approfondire:

www.finistresullarte.it, “Il Louvre Abu Dhabi non sa che fine ha fatto il Salvator Mundi (e non è un pesce d’aprile)

https://www.huffingtonpost.it, “La scoperta di un errore grossolano nel “Salvator Mundi” di Leonardo mette in discussione la paternità dell’opera” di Selene Gagliardi

https://www.nytimes.com/2019/03/30/arts

https://www.huffingtonpost.it/2017/10/19/la-scoperta-di-un-errore-grossolano-nel-salvator-mundi-di-leonardo-mette-in-discussione-la-paternita-dellopera_a_23248511/

G. Chiné M. Fratini A. Zoppini “Manuale di Diritto Civile” Nel Diritto Edizioni 2013

Tribunale di Pescara sentenza n. 915 del 25 aprile 2016

Corte di Cassazione, Sez. II, sentenza n. 21012 del 31 dicembre 2018

Congiure e cospirazioni

“Chi vuole esser lieto, sia: di doman non c'è certezza…”, i versi del Magnifico ricordano ancora oggi come possa essere incerto il futuro; la celebre casata fiorentina non fa eccezione, essendo stata vittima di una delle più cruente congiure della storia.

Firenze, anno 1478: i Medici erano i protagonisti indiscussi della vita economica e politica della città; a loro si contrapponeva la famiglia Pazzi, anch’essi banchieri, curavano gli interessi economici della curia romana e non mancavano di finanziare le mire espansionistiche del battagliero Papa Sisto IV; più a nord suo nipote, Girolamo Riario, Signore di Imola, sostenuto dal papato, tramava per ingrandire la Romagna in danno dei territori fiorentini. Aggiungiamo che Lorenzo de’ Medici aveva fama di essere abile banchiere, accorto politico e mecenate dell’arte: per suo merito ripresero vita la Scuola di Botticelli e quella di Verrocchio, primo il Maestro di un giovanissimo Leonardo da Vinci.

Particolare di due angeli dipinti da Leonardo nell'opera Battesimo di Cristo del Verrocchio

Particolare realizzato da Leonardo da Vinci mentre lavorava presso la bottega di Andrea Verrocchio a Firenze.

In questo panorama maturò il piano ordito dalla famiglia Pazzi e da Girolamo Riario per eliminare Lorenzo e Giuliano de’ Medici: ne erano a conoscenza e l’appoggiavano anche il Papa, il duca di Montefeltro e il Re di Napoli. Alla trama partecipò anche Francesco Salviati, arcivescovo di Pisa, che osteggiava i Medici per ragioni connesse all’arcivescovado di Firenze.

L'immagina raffigura il Duca di Montefeltro, Piero della Francesca, Galleria degli Uffizi Firenze

Il Duca di Montefeltro, Piero della Francesca, Galleria degli Uffizi, Firenze

Il piano sarebbe dovuto scattare in occasione di un banchetto offerto da Lorenzo al giovane cardinale Raffaello Riario – altro nipote di Sisto IV – ignaro però della cospirazione, ma non andò a buon fine per l’assenza di Giuliano.
La presenza di entrambi i fratelli era fondamentale, scattò quindi la seconda opzione. Il tutto doveva avvenire domenica 26 aprile 1478, durante la celebrazione in Santa Maria del Fiore, ma anche questa volta al corteo mancava Giuliano. Francesco de’ Pazzi e un altro congiurato si recarono a casa del fratello di Lorenzo, convincendolo a partecipare alla messa. Quando tutti furono riuniti in Chiesa, le vittime prescelte erano disarmate: Giuliano venne colpito per primo e morì sotto gli occhi di Lorenzo che, invece, fu ferito a una spalla, riuscendo a fuggire grazie al sacrificio del fedele amico Francesco Nori.

Tomba di Lorenzo e Giuliano de Medici

Tomba di Lorenzo e Giuliano De Medici. Al centro la Madonna con bambino è opera autografa di Michelangelo. Museo delle Cappelle Medicee, Firenze

La congiura era fallita, per gli assassini l’unica speranza di sopravvivenza era da ravvisarsi nel sostegno dei fiorentini contro la famiglia de’ Medici, ma non andò così.
Il popolo, quando apprese dell’accaduto, affollò rapidamente le vie di Firenze al grido “Palle, palle!”, il simbolo della Casata del Magnifico. Seguì  una rapidissima feroce repressione contro i cospiratori e i loro seguaci. I congiurati catturati e quelli sospettati di aver preso parte al piano vennero immediatamente giustiziati; taluni come Francesco Pazzi furono impiccati alla finestra del Palazzo della Signoria, la stessa fine toccò a Jacopo Pazzi catturato il giorno successivo.

L'immagina raffigura l'esecuzione di uno dei congiurati, disegno di Leonardo da Vinci

Esecuzione di uno dei congiurati, disegno di Leonardo da Vinci

Questo l’epilogo di una delle tante cospirazioni tese a sovvertire il potere, le cui condotte anche oggi integrano fattispecie penalmente rilevanti; le norme attuali reprimono modo netto tutte quelle attività di istigazione, nonché gli accordi prodromici e preparatori alla commissione dei reati in danno alla personalità dello Stato o finalizzati alla turbativa costituzionale mediante sovvertimenti interni, quand’anche tali fattispecie criminose non abbiano trovato esecuzione.

La punibilità di queste condotte va ricondotta alla loro natura di “reati di pericolo presunto”, i quali non ammettono prova contraria: in tali ipotesi si prevede un’anticipazione della soglia di punibilità della condotta, che viene sanzionata non per aver leso il bene protetto (lo Stato), ma per il solo fatto per averlo posto in una situazione di pericolo, determinata dall’esistenza di un accordo o di un’associazione.
In siffatti delitti la sanzione penale viene comminata a prescindere dal compimento di quei reati contro lo Stato: è l’ideazione stessa di tali delitti a essere sanzionata.
Le norme in tema di cospirazione derogano così al principio generale di non punibilità degli atti di istigazione e degli accordi diretti a commettere un delitto che non venga poi perpetrato, pur consentendo (le norme generali) l’applicazione di una misura di sicurezza.
Nel caso della congiura dei Pazzi, tesa a sovvertire il potere nella città di Firenze, l’intento criminale ebbe esecuzione, anche se non portò al raggiungimento del risultato auspicato: i fiorentini vendicarono seduta stante e con violenza l’affronto subito dai Medici. I Pazzi oltre alle condanne a morte subirono anche la damnatio memoriae: il loro nome venne cancellato da qualsiasi documento e dagli stemmi, dovevano scomparire dal qualsiasi memoria storica come se non fossero mai esistiti.

L'immagina raffigura lo stemma della famiglia dei Medici

Stemma famiglia dei Medici, Firenze

Per approfondire:

Per approfondire: M. Vannucci “I Medici una famiglia al potere – Newton Compton ed. 2017 – L. Delpino Diritto penale parte speciale ed. Simone 2001