Sotto una piccola stella

Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.

Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.

Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.

Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.

Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.

Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.

Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.

Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.

Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.

Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.

Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.

Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.

E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,

immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,

assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.

Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.

Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.

Verità, non prestarmi troppa attenzione.

Serietà, sii magnanima con me.

Sopporta, mistero dell’esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.

Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.

Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.

Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.

So che finché vivo niente mi giustifica,

perché io stessa mi sono d’ostacolo.

Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,

e poi fatico per farle sembrare leggere.

Wislawa Szymborska

L'immagine rappresenta l'opera Valchiria di Edward Robert Hughes

Valchiria, Edward Robert Hughes

Per approfondire:

La gioia di scrivere di Wislawa Szymborska, Ed. Adelphi

Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d’orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia

spiar le file di rosse formiche

ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano

a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare

lontano di scaglie di mare

mentre si levano tremuli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia

com’è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Per approfondire:

Eugenio Montale “Meriggiare pallido e assorto”

Contributo alla statistica

Su cento persone:

che ne sanno sempre più degli altri

– cinquantadue;

 

insicuri a ogni passo

– quasi tutti gli altri;

 

pronti ad aiutare,

purché la cosa non duri molto

– ben quarantanove;

 

buoni sempre,

perché non sanno fare altrimenti

– quattro, be’, forse cinque;

 

propensi ad ammirare senza invidia

– diciotto;

 

viventi con la continua paura

di qualcuno o qualcosa

– settantasette;

 

dotati per la felicità,

– al massimo poco più di venti;

 

innocui singolarmente,

che imbarbariscono nella folla

– di sicuro più della metà;

 

crudeli,

se costretti dalle circostanze

– è meglio non saperlo

neppure approssimativamente;

 

quelli col senno di poi

– non molti di più   

di quelli col senno di prima;

 

che dalla vita prendono solo cose

– quaranta,

anche se vorrei sbagliarmi;

 

ripiegati, dolenti

e senza torcia nel buio

– ottantatré

prima o poi;

 

degni di compassione

– novantanove;

 

mortali

– cento su cento.

Numero al momento invariato.

Vasilij Kandinskij

 

Per approfondire:

“La gioia di scrivere ”  Wislawa Szymborska, ed. Gli Adelphi 2009

Amore a prima vista

Sono entrambi convinti

che un sentimento improvviso li unì.

È bella una tale certezza

ma l’incertezza è più bella.

Non conoscendosi, credono

che non sia mai successo nulla fra loro.

Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi

dove da molto tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro

se non ricordano –

una volta un faccia a faccia

in qualche porta girevole?

uno « scusi » nella ressa?

un « ha sbagliato numero » nella cornetta?

– ma conosco la risposta.

No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere

che già da parecchio tempo

il caso giocava con loro.

Non ancora pronto del tutto

a mutarsi per loro in destino,

li avvicinava, li allontanava,

tagliava loro la strada

e soffocando una risata

con un salto si scansava.

Vi furono segni, segnali,

che importa se indecifrabili.

Forse tre anni fa

o lo scorso martedì

una fogliolina volò via

da una spalla a un’altra?

Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.

Chissà, forse già la palla

tra i cespugli dell’infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli

su cui anzitempo

un tocco si posava su un tocco.

Valigie accostate nel deposito bagagli.

Una notte, forse, lo stesso sogno,

subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti

è solo un seguito

e il libro degli eventi

è sempre aperto a metà.

Colazione da Tiffany

Per approfondire:

WISLAWA SZYMBORSKA “La gioia di scrivere” Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi Edizioni 2009

Tu non sei i tuoi anni

Tu non sei i tuoi anni,

nè la taglia che indossi,

non sei il tuo peso

o il colore dei tuoi capelli.

Non sei il tuo nome,

o le fossette sulle tue guance,

sei tutti i libri che hai letto,

e tutte le parole che dici

sei la tua voce assonnata al mattino

e i sorrisi che provi a nascondere,

sei la dolcezza della tua risata

e ogni lacrima versata,

sei le canzoni urlate così forte,

quando sapevi di esser tutta sola,

sei anche i posti in cui sei stata

e il solo che davvero chiami casa,

sei tutto ciò in cui credi,

e le persone a cui vuoi bene,

sei le fotografie nella tua camera

e il futuro che dipingi.

Sei fatta di così tanta bellezza

ma forse tutto ciò ti sfugge

da quando hai deciso di esser

tutto quello che non sei.

L’immagine rappresenta un'opera di John William Waterhouse

John William Waterhouse

 

Per approfondire:

Poesia attribuita a Ernest Hemingway